22 Luglio 2016 – ARTLYST
Sono stato di recente a Trieste per una piccola mostra di disegni attribuiti a Francis Bacon. Questa difficilmente può essere considerata come una recensione poiché la mia posizione sull’intera controversia riguardante i disegni di Bacon è già nota e di pubblico dominio. Francis Bacon ha sempre negato di fare disegni. In questo, e in molti altri aspetti della sua vita, probabilmente era un bugiardo. Dopo la sua scomparsa, è emerso un numero cospicuo di disegni provenienti da fonti diverse.
Vi sono i disegni trovati quando l’atelier di Bacon in Reece Mews venne smontato, pezzo per pezzo, per essere ricostruito a Dublino. Vi sono quelli finiti nelle mani dell’amico e tuttofare di Bacon, Barrie Joule. Joule li presentò alla Tate dove rimasero in una sorta di limbo: facevano parte dell’archivio Tate ma non erano registrati come “arte”. Esistono poi altri gruppi di disegni alla Tate, alcuni provenienti dalla vedova del poeta Stephen Spender, altri dall’amico di Bacon, l’attore Paul Danquah (in seguito consulente della Banca Mondiale a Washington). Bacon una volta divise con Danquah e il suo compagno Pete Pollock un appartamento con vista su Battersea Park, e andò anche a trovarli a Tangeri. Questi due gruppi minori vengono riconosciuti dalla Tate come legittimi.
Non vi sono differenze tra i disegni di Danquah e il corpus più consistente donato da Joule. La Tate li acquistò nel 1996 e li espose sotto il nome di Bacon, senza ulteriori qualifiche, nel 1999.
Le serie maggiori di disegni appartenenti al giornalista italiano Cristiano Lovatelli Ravarino costituiscono una faccenda diversa. Sono tutti firmati, alcuni sono a colori, inclusi alcuni elaborati collage. La maggior parte di questi riassumono temi che Bacon aveva a cuore all’inizio della sua carriera: ad esempio, Papi e Crocifissioni. Ravarino fu un po’ il compagno di bagordi e cicerone di Bacon. Si conobbero a Villa Medici a Roma ma buona parte della loro vita mondana si svolgeva a Bologna, città di residenza di Ravarino, e a Cortina d’Ampezzo. La loro presenza insieme in questi due luoghi è comprovata da numerosi testimoni italiani, alcuni dei quali prestarono persino giuramento in un tribunale italiano quando Ravarino venne accusato di aver venduto dei falsi (e poi prosciolto).
A mio parere, e sottolineo che si tratta di un’opinione personale, questi disegni del tardo periodo, spesso commoventi, mostrano l’approccio meditativo che Bacon ebbe riguardo a certe tematiche a lui care all’inizio della carriera. È risaputo che esprimesse dubbi sui dipinti dei Papi (ispirati al famoso ritratto di Velazquez di Innocento X a Palazzo Pamphilij a Roma), che inizialmente lo resero famoso. In quel caso, per una volta, stava forse dicendo la verità. Da artista autodidatta quale era, non fu mai sicuro completamente del proprio talento. Ecco il perché di tutte queste menzogne volte a creare un mito.
Non è necessario che un artista importante sia un uomo dal carattere buono. Caravaggio ne è un chiaro esempio. Credo che Caravaggio e Bacon avrebbero avuto diversi argomenti su cui chiacchierare. Ad esempio, il loro interesse reciproco per giovani uomini di bell’aspetto, atteggiamento che le società in cui vissero disapprovavano con veemenza.
La piccola selezione di disegni in mostra a Porto Piccolo, esclusivo complesso vacanziero sulla costa vicino a Trieste, formata da un Papa dai colori vivaci e da un gruppo di Crocifissioni, mi ha ricordato quanta potenza potesse esprimere Bacon nelle sue opere segrete, create interamente più o meno per sé stesso.
Testo: Edward Lucie-Smith Photos P C Robinson © Artlyst 2016
Tour 360 della Galleria di P C Robinson e Daniel Bourke Per lanciare il tour, fare clic sulle frecce in alto a sinistra.