CAFE BOHEME intervista Vittorio Sgarbi sulla mostra intitolata “Francis Bacon & Bohumil Hrabal – Due geni”, tenutasi presso la Gate Galerie a Praga
17 Aprile 2012 – CAFE BOHEME
Praga ha ospitato quest’anno la prima esposizione dei cosiddetti “disegni italiani” di Francis Bacon, il celebre artista irlandese, ad oggi uno dei pittori più quotati a livello mondiale capace di far battere all’asta decine di milioni di euro. La mostra intitolata “Francis Bacon & Bohumil Hrabal – Due geni”, tenutasi presso la Gate Galerie nel cuore della capitale boema ed organizzata dalla Galerie Vernon sotto la guida di Monika Burian Jourdan, è stata oggetto di polemiche in merito all’originalità dei cosiddetti “disegni italiani” esposti e firmati da Bacon appartenenti alla collezione di Cristiano Lovatelli Ravarino. Della loro autenticità si dice sicuro il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha prestato una copia del ‘600 di sua proprietà del ritratto di Papa Innocenzo X del Velazquez ad opera di uno sei suoi migliori e più fedeli allievi: il pittore Pietro Martire Neri. Questo celebre ritratto, infatti, aveva da sempre assillato il pittore irlandese che ne aveva realizzato numerose interpretazioni. Per Caffè Boheme ne abbiamo parlato con Vittorio Sgarbi.
Vittorio, cosa ti ha spinto a concedere in prestito alla mostra la copia del ritratto di Innocenzo X di Velazquez realizzata da Pietro Martire Neri?
Conoscevo la vicenda del nobiluomo Lovatelli Ravarino perché avevo già presentato questi disegni in una mostra a Cento, in una fase in cui le ricerche di Edward Lucie-Smith avevano quasi dissolto i dubbi sulla loro autografia ed oggi sono, credo, universalmente riconosciuti autografi. Questo è stato il passo fondamentale per renderli da materia incerta e dubbia a quello che invece sono. Mi pare dunque che l’accredito a Bacon dei disegni sia stato acclarato anche dalla pervicacia con cui lo stesso Ravarino, cercando un’autografia sicura, ha chiesto a Bacon di firmare tutti i disegni e i pastelli che, per loro natura di lavori preparatori, non sarebbero da firmare. Da questo momento, quindi, entreranno nel catalogo di Bacon. Inoltre, il mio coinvolgimento è legato ad un’opera che per puro caso ho acquistato anni fa e che è una bella derivazione del dipinto di Velazquez che ha ispirato Bacon nelle sue tante variazioni note come l’urlo del papa, o il papa digrignante, il papa mostruoso, il papa aggressivo come un animale feroce immaginato chiuso in una gabbia, che è un’estensione del trono del dipinto di Velazquez, prigioniero del suo stesso potere o della sua stessa violenza. Nella drammaticità delle condizioni fisiche di queste figure simboliche del potere religioso, Bacon ha cercato di spogliare i papi e farli diventare uomini nella loro violenza e nella loro miseria. In assenza, dunque, dell’originale di Velazquez, il quadro di mia proprietà, firmato da Pietro Martire Neri, l’unico pittore italiano che frequentò familiarmente Velazquez, serve a rendere la relazione tra la pittura antica e l’elaborazione fantastica e drammatica di Bacon, che vediamo rappresentata anche in questi disegni.
Chi è questo papa che ossessionava tanto Bacon? È il padre? È la società conformista che lo rifiutava?
È probabile che nell’immagine di questo papa, così tipico nella sua esibizione di potere crudele, Bacon abbia visto qualcosa che lo riguardava e che l’ispirazione sia determinata da un transfert o da un’identificazione in quel tipo e anche in quella meravigliosa pittura del Velazquez, naturalmente migliore di quella di Pietro Martire Neri, più convenzionale con un panneggio molto più scenografico, mentre la pittura di Velazquez è inquietante, traumatica nel volto ma anche misteriosa nel fondo così vibrante. Quindi tutti elementi che nella pura pittura, oltre che nel tipo umano di Innocenzo X, hanno sicuramente stimolato e acceso le emozioni di Bacon. Che poi esse siano legate ad identificazioni o a riferimenti alla sua biografia personale questo non lo, ma immagino di sì.
Chi è invece il crocifisso di Bacon?
Il crocifisso è l’uomo. Il crocifisso in sé è il simbolo di una divinità che è estranea al potere. Il simbolo della religione cristiana è un uomo in croce, cioè un uomo che soffre, un Christus patiens che non è in trono, c’è anche il Dio in trono, ma il simbolo più importante della religione cristiana è un simbolo di sofferenza. Quindi, se questo vale nella rappresentazione dei temi della religione e della pittura che la illustra, una volta che noi togliamo l’elemento religioso alla pittura moderna rimane, però, che quello che è in croce è un uomo, e quindi il riferimento all’uomo crocifisso non è necessariamente un riferimento religioso ma è la condizione dell’uomo che soffre di cui il Cristo è un simbolo anche per chi non crede. Bacon, dunque, utilizza questo schema classico della pittura e della religione cristiana per indicare la condizione dell’uomo nella sua umiliazione, nella sua condizione di sofferenza e di dolore, coerentemente con tutta la sua visione.
Hai anche sostenuto che con il ritratto di Innocenzo X Bacon si confronta con il dramma della coscienza della storia. Qual era il rapporto che Bacon aveva con la coscienza?
Era il rapporto di una coscienza turbata nel tentativo di preservare l’integrità dell’uomo in un momento in cui la pulsione era opposta, cioè verso la distruzione e la negazione dell’uomo. Quindi una posizione fortemente dialettica.
Quale chiave di lettura possiamo dare dell’opera di Bacon a vent’anni dalla sua morte? C’è un messaggio da reinterpretare ancora oggi in tempi di declino culturale e sociale?
L’opera di Bacon rappresenta una delle ultime espressioni di umanesimo perché non rinuncia al confronto con l’uomo, con la sua coscienza, con il suo turbamento e, quindi, non va oltre l’uomo ma sta dentro l’uomo.
Oltre che un critico d’arte sei anche un collezionista. Come avvicinarsi a questa nobile passione?
Comprare l’arte è la cosa migliore che si possa fare perché l’arte è ciò che più assomiglia allo spirito. Normalmente compriamo degli oggetti d’uso e di piacere facili, mentre acquistano quadri compriamo delle anime. Questo è un modo per far vivere il tempo che non c’è più; un artista, infatti, vive nelle sue opere dove c’è il suo spirito. Chi volesse farlo può fidarsi di qualcuno scegliendo una strada garantita da un uomo di fiducia. Altrimenti segue il suo istinto, non deve cercare le opere d’arte, ma sono loro che cercano lui. Quindi non bisogna sapere quello che si vuole ma aspettare di trovare qualcosa che non sappiamo che cosa sia perché il vero futuro è il passato. Se Bacon è rimasto colpito da Velazquez che ha incontrato per caso, così io mi sono trovato a vivere nella casa di papa Innocenzo X, a trovare il quadro di Innocenzo X, a comprare la casa di campagna di Innocenzo X, come per dei casi. Il papa aveva una donna potentissima che lo ha sostenuto che si chiama Olimpia Pamphili, la quale prendeva delle quote per la Chiesa dalle puttane di Roma. In quello stesso palazzo al piano sopra il mio abitava Berlusconi, quindi la storia si ripete, Papa e puttane, Presidente e puttane. Dunque non bisogna cercare ma essere trovati.
Che cosa ci puoi dire del Museo della mafia?
Il Museo della mafia di fatto non è più un museo perché ormai è finito tutto, nel senso che l’Antimafia ha sopraffatto Salemi e ha cancellato dalla città ogni segnale di vita. Quindi hanno mortificato anche il museo della mafia, non c’è più niente da dire, tacerne e basta. Il Museo della mafia era una buona idea che è stata fatta naufragare da questi deficienti in nome di uno stato che non possono rappresentare per la loro volgarità e miseria. Verrà il giorno in cui queste persone dovranno vergognarsi che la loro azione antimafia sia stata una prosecuzione inconsapevole dell’attività della mafia.
Andrea Pieralli – Café Boheme